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Tour di Napoli: le 3 opere di Caravaggio

Tour di Napoli: le 3 opere di Caravaggio

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Napoli custodisce tre opere del grande tormentato genio. Che tu sia un turista o un residente, questo è il tour che ti suggeriamo per visitare il centro storico della città alla ricerca dei tesori di Michelangelo Merisi.

Chi era Caravaggio?

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, nacque a Milano nel 1571, visse e lavorò prima a Roma, poi Napoli, Malta e in Sicilia. Maestro della luce, i suoi dipinti sono caratterizzati da una forza emotiva e fisica senza precedenti e tale da influenzare la storia della pittura. Irriverente e irrequieto, fu più volte costretto a ridipingere le tele perché considerate troppo audaci.

Dopo un lungo periodo a Roma in cui raggiunse il successo come protetto del cardinale fiorentino Francesco Maria del Monte, nel 1606 scappò a Napoli dopo aver ucciso in duello Ranuccio Tomassoni, per poi proseguire verso Malta e la Sicilia e far ritorno a Napoli. Morì in Toscana, a Porto Empedocle, in attesa della grazia di Paolo V Borghese, ottenuta grazie all’invio della celebre opera David e Golia.

 

Il soggiorno a Napoli

Caravaggio soggiornò a Napoli due volte. La prima volta fu nel 1606 sotto la protezione della famiglia aristocratica Carafa Colonna e si sistemò ai Quartieri Spagnoli. Ritornò nel 1609, ospite della marchesa Costanza Colonna, dove dipinse le sue ultime opere, fino al luglio dell’anno successivo, per poi partire alla volta di Roma. Lungo il viaggio un’infezione probabilmente trascurata gli fu fatale e morì a Porto Ercole il 18 luglio del 1610.

Le opere che puoi ammirare a Napoli

Tre capolavori che non puoi perderti se sei a Napoli:

La flagellazione di Cristo – Museo e Real Bosco di Capodimonte

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Museo e Real Bosco Capodimonte

Fuggito a Napoli nel 1606 per evitare la condanna alla decapitazione a causa dell’omicidio di Ranuccio Tomassoni, dipinse l’opera attualmente esposta al Museo e Real Bosco di Capodimonte: la flagellazione di Cristo. ( aggiornamento: l’opera attualmente non è al museo perchè esposta al Kimbell Art Museum di Fort Worth (Stati Uniti) fino a giugno 2020)

Il quadro fu commissionato da Tommaso De Franchis, membro di un’importante famiglia di magistrati, ed era destinato alla cappella di famiglia della basilica di San Domenico Maggiore.

La drammatica intensità della scena è data dall’uso sapiente della luce, che illumina Cristo e scolpisce i quattro soggetti: Cristo, legato a una colonna, e i tre torturatori, accomunati da una tensione non solo fisica, ma soprattutto psichica, emotiva.

In realtà Caravaggio scelse uomini presi dalla strada per raffigurare i torturatori, probabilmente veri aguzzini delle carceri vicereali. La scelta non fu casuale, ma dettata dalla volontà di rendere quanto più realistica la  raffigurazione.

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Le sette opere della Misericordia – Pio Monte della Misericordia

Le Sette Opere di Misericordia

Caravaggio è in fuga da Roma per la condanna di omicidio quando raffigura con grande realismo una delle sue più importanti opere: Le sette opere della Misericordia, esposta al Pio Monte della Misericordia e commissionata per 400 ducati dall’Ente allo scopo di celebrare le attività di beneficenza.

L’artista non smentisce la sua natura rivoluzionaria, dando vita a una composizione che ne rispecchia in pieno lo spirito innovativo. Infatti, in una scena che sembra ambientata a Napoli, è raffigurata in alto la Madonna di Misericordia col Bambino, sorretta dagli angeli, mentre, in basso, le altre figure simboleggiano le Opere di Misericordia:

dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti.

Come in tutte le opere di Caravaggio, la luce è protagonista, definendo i contorni dei personaggi e della realtà circostante. Questo suo modo di dipingere la realtà, così diversa dalla visione tardo manieristica del tempo.

 

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Il Martirio di Sant’Orsola – Palazzo Zevallos Stigliano Gallerie d’Italia

L’ultima opera di Caravaggio è custodita nella Sala degli Stucchi al secondo piano di Palazzo Zevallos Stigliano e fa parte della collezione permanente delle Gallerie d’Italia di Napoli: è il Martirio di Sant’Orsola.

Siamo nel 1610, durante il secondo soggiorno napoletano dell’artista, periodo nel quale dipinse diverse opere pubbliche e private, tra cui il Martirio, che ritrae l’uccisione di Orsola per via di un dardo scagliato dal re unno a cui non si concesse. Una composizione complessa  e drammatica, in cui è possibile riconoscere quello che sembra essere l’ultimo autoritratto di Caravaggio.

Gli fu commissionato da Marco Antonio Doria, collezionista genovese, che scelse personalmente il  soggetto. Il principe ha talmente tanta fretta di vedersi recapitare l’opera, che venne consegnata ancora fresca di vernice protettiva, motivo per il quale la sua storia conservativa risulta complicata.

 

Doria pensò di ovviare a questo esponendo il quadro al sole, credendo che servisse ad asciugarlo ma ottiene l’effetto opposto: la vernice si scioglie e scrive a Caravaggio per convincerlo a rimediare. Probabilmente Caravaggio non fece nulla e venne imballato e spedito via mare a Genova due settimane. motivo per il quale la sua storia conservativa risulta complicata.

 

Una curiosità: non fu inizialmente apprezzata dal suo committente.

 

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