I Percorsi della Croce: itinerario in Campania delle croci più antiche
La croce è un simbolismo universale, è un grande simbolo che indica la complessità reciproca tra dimensioni spaziali orizzontali e l’asse verticale, l’axis mundi, che mette in comunicazione il cielo con il mondo terreno, sotterraneo.
Massimo Cacciari, Filosofo
L’immenso patrimonio culturale della Regione Campania, oltre a includere musei, parchi archeologici, biblioteche e dimore storiche, comprende anche tante chiese e complessi monastici, alcuni unici in Italia e nel Mondo.
Partendo dal documentario I percorsi della Croce, viaggeremo per la Campania attraversando tutte le sue province alla scoperta delle chiese e dei musei che custodiscono le croci più importanti della storia della nostra regione e non solo.
Inoltre, ogni itinerario si concluderà con una tappa suggerita da campania artecard, qualora volessi integrare il tuo percorso, e da alcune fonti per approfondire questo affascinante tema.
Itinerario A
NAPOLI
Il nostro itinerario parte da Piazza San Domenico Maggiore, tra le più belle del centro storico, e che prende il nome dall’omonima chiesa situata alle spalle del monumentale obelisco di San Domenico. Ci troviamo precisamente sul decumano inferiore che, insieme a quello superiore e maggiore, rappresenta una delle tre arterie principali che attraversavano l’antica Neapolis e progettate dagli antichi greci.
Le croci le troviamo diffuse dappertutto, a partire da migliaia di anni prima di Cristo, i templi avevano quasi sempre la forma di croce, così come le chiese. E le città erano fatte dall’incrocio dei decumani e dei cardini che formavano delle croci. A San Domenico Maggiore siamo proprio al centro di quella croce che è la Neapolis cioè Napoli.
Mario Niola – Antropologo
Lungo il decumano inferiore, tra il Medioevo e l’Ottocento, furono edificati alcuni tra i palazzi nobiliari e alcune tra le chiese e conventi più importanti della città. E proprio in questo contesto si inserisce la prima tappa del nostro itinerario: il Complesso monumentale di San Domenico Maggiore, dove “nella cappella c’è il crocifisso che avrebbe parlato a San Tommaso D’Aquino….”
La chiesa fu fondata nel 1238 per volere di Carlo II d’Angiò, che l’affidò ai Domenicani, che ancora vivono nel convento. Tra questi, ci fu San Tommaso D’Aquino di cui puoi visitare la cella, recuperata da un lungo restauro,situata al primo piano. E’ qui, precisamente sull’altare, che è conservato uno dei crocifissi più famosi della storia cristiana e tra i più antichi rimasti in Campania, in quanto risalente al 1200.
Tutte le volte che vengo in questa cella provo una grande emozione al pensiero di Tommaso d’Aquino, grandissimo intellettuale, uno dei più grandi pensatori della cristianità ma anche della cultura occidentale, il maestro della Sorbona, l’autore della Summa Teologica. L’idea di questa grande mente che stava in questa cella che dialogasse direttamente con il crocifisso che gli chiede: Tommaso, tu hai scritto molto bene di me, cosa vuoi in cambio? E lui non volle niente perché ha raggiunto questa specie di equilibrio che farà la spiritualità e la cultura insieme.
Mario Niola – Antropologo
Oltre alla tavola duecentesca, nello stesso ambiente potrai ammirare il dipinto di Francesco Solimena raffigurante il santo e il reliquiario contente l’omero di San Tommaso. La reliquia viene esposta ogni anni nel giorno della festa del santo, ottavo patrono di Napoli.
Continuando la tua visita, potrai proseguire verso la Sagrestia, le Arche Aragonesi, la Sala degli Arredi Sacri con la Collezione di abiti del XVI secolo e il Salvator Mundi della scuola di Leonardo da Vinci.
SANT’ANGELO IN FORMIS (Ce)
Il nostro tour continua verso S. Angelo in Formis, un piccolo paese frazione di Capua ma equidistante da S. Maria C.V, per raggiungere uno dei più illustri complessi monastici della Campania romanica: l’Abbazia dedicata a San Michele Arcangelo.
La chiesa sorge sui resti del tempio dedicato a Diana Tifatina, ora conservati al Museo Campano di Capua, costruito tra il IV e il I secolo a.C. Parte del podio e della pavimentazione furono mantenuti e inglobati nella chiesa benedettina edificata nel XI secolo, mentre le colonne furono reimpiegate nelle navate. A confermarlo anche alcuni documenti medievali che menzionano la chiesa come S. Angelo ad arcum Dianae oppure ad formam, ad formas, in formis o ancora de monte, mentre una bolla papale prova che l’abbazia fu direttamente legata a quella di Montecassino.
La croce è il più universale di tutti i simboli umani, una forma semplicissima in grado di esprimere significati di estrema complessità.
Mario Niola – Antropologo
La chiesa è un edificio basilicale senza transetto, eretto in tufo e coperto da un tetto ligneo. L’interno, cui si accede attraverso un unico portale, è a tre navate terminanti in tre absidi semicircolari, con due file di sette colonne che sorreggono archi a tutto sesto. Ma non indugiamo oltre e entriamo!
Quello che ti aspetta è un trionfo di affreschi che costituiscono il più importante esempio di cultura pittorica bizantina dell’XI secolo, ispirati ai modelli paleocristiani delle basiliche apostoliche romane. Le opere raccontano episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento, in cui la raffigurazione del Cristo dell’abside centrale e la crocifissione sulla parete laterale rappresentano gli elementi più interessanti, che rendono Sant’Angelo in Formis unica in tutta la Campania.
La realizzazione di questi meravigliosi affreschi è chiaramente bizantina, ma tutt’ora non è certo se vi abbiano lavorato artisti provenienti da Costantinopoli o, quantomeno, gli allievi cassinesi della scuola di Montecassino.
Vuoi aggiungere un’altra tappa? Te la consigliamo noi!
In soli 10 minuti di auto puoi raggiungere il Museo Provinciale Campano e scoprire un altro tesoro della nostra regione e definito da Amedeo Maiuri “il più significativo della civiltà italica della Campania”. Qui sono raccontati tremila anni di storia di una città che ha conosciuto tutti i popoli che si sono avvicendati in Campania nei secoli: Osci, Etruschi, Sanniti, Romani, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli. Ma quello su cui vogliamo farti soffermare è custodito nelle sale V-VI-VII-VIII-IX e si tratta della collezione delle Matres Matutae, tra le più rare esistenti in Italia e nel mondo.
Ma chi era la Mater Matuta? Nell’antica Roma era la dea dell’aurora e delle partorienti e in suo onore venivano celebrate le Matralie alle quali partecipavano le donne sposate una sola volta.
In prossimità dell’antica Capua diversi scavi hanno portato alla luce un grande numero di statue in tufo, risalenti al periodo compreso tra il dal VI al II sec. a.C, che rappresentano donne sedute che portano tra le braccia uno o più bambini, mentre una, che rappresentava la dea, aveva in una mano un melograno e nell’altra una colomba. riprova del fatto che in queste zone esistesse un tempio a lei dedicato.
Itinerario B
BENEVENTO
Il nostro secondo itinerario parte dal centro di Benevento, conquistata dai romani nel 268 a.C. , che ne mutarono il nome da Maleventum, come la chiamavano i Sanniti, in Benevenutum. Di tracce romane in città ce ne sono tantissime, come l’Arco di Traiano o l’anfiteatro romano, ma è grazie al suo legame con i Longobardi che entra nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, ma di questo ti parleremo dopo!
Ma com’era Benevento del XII secolo?
Lo sappiamo grazie ai Cronichon del notaio-cronista Falcone di Benevento, che ci descrive la città come teatro di conflitti intestini tra i nobili, fedeli al papa, e i populares, sostenitori di una maggiore autonomia dalla Santa Sede. Lo spazio urbano beneventano con le sue vie, i suoi palazzi e le sue chiese portava i segni delle azioni compiute dalla fazione vincitrice per colpire gli avversari nel patrimonio e nel prestigio. Ma in occasione dell’arrivo in città di personaggi illustri, ossia papi e sovrani, si attuava una vera e propria trasformazione urbanistica, volta a migliorare transitoriamente l’aspetto delle strade, delle piazze e delle facciate degli edifici con l’uso di apparati effimeri e di ornamenti preziosi come archi trionfali di verdura e di fiori, arazzi e coperte preziose.
Molto probabilmente questi personaggi passarono anche al Duomo, la prima tappa del nostro tour, che rispecchia perfettamente la storia travagliata della sua città. Le sue origini risalgono al VII secolo, ma nel VIII fu riedificato e intitolato a Santa Maria de Episcopio. Negli anni la chiesa subì moltissime modifiche, anche a causa dei terremoti, fino a essere distrutta dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. La facciata si è conservata e risale alla fine del XIII secolo, così come la cripta e i suoi affreschi.
Ma c’è un altro protagonista su cui ti consigliamo di soffermarti: si tratta della magnifica porta in bronzo del XIII secolo. D’ispirazione chiaramente bizantina, la Janua Major è tra i più importanti esempi di lavorazioni di questo tipo esistenti in Italia, dove forme bizantine si fondono con tecniche locali per dar vita a raffigurazioni a rilievo nelle formelle. I temi di questi 72 pannelli sono diversi: di questi, 43 narrano la storia di Cristo, tra cui la Crocifissione.
La croce riesce a dire tutto con i suoi quattro bracci che in realtà sono le quattro regioni del mondo, i quattro lati del cosmo che si uniscono e trovano un centro
Mario Niola – Antropologo
Nei secoli subì notevoli danni, fino a che, grazie a un lungo restauro, è stato possibile ricostruirne una fedele copia, adesso posta all’ingresso, mentre l’originale restaurato è collocato all’interno della chiesa.
C’è chi attribuisce questo capolavoro a Oderisio da Benevento, mentre altri a un collegio di artisti. Quel che è certo è il suo inestimabile valore. Come Adolfo Venturi disse, la Janua Major è “il maggior poema sacro dell’età romanica nel Mezzogiorno d’Italia”
MIRABELLA ECLANO (AV)
Lasciamo la bellissima città sannita e spostiamoci in provincia di Avellino, a Mirabella Eclano, un piccolo centro dove però la Chiesa di Santa Maria Maggiore merita assolutamente una visita.
La croce è un simbolismo universale, è un grande simbolo che indica la complessità reciproca tra dimensioni spaziali orizzontali e l’asse verticale, axis mundi, che mette in comunicazione il cielo con il mondo terreno, sotterraneo.
Massimo Cacciari – Filosofo
Entrando nella chiesa, sarai subito colpito dall’elemento di maggior pregio: il Crocifisso ligneo policromo, risalente alla prima metà del XII secolo, che lo rende uno dei più antichi conservati in Campania. In realtà della chiesa originaria è rimasto poco. Oltre al Cristo, è pervenuta a noi la fonte battesimale.
Vuoi aggiungere un’altra tappa? Te la consigliamo noi!
Prima di lasciare Benevento, raggiungi la chiesa di Santa Sofia, che dista 10 minuti a piedi dal Duomo, e che vanta alcune delle più importanti testimonianze pittoriche di epoca longobarda. Per il suo eccezionale patrimonio, fa parte dal 2011 del Sito Unesco “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)” , che include le architetture che meglio rappresentano l’emblema del regno longobardo in Italia dal VI all’VIII secolo, regno contraddistinto da una fusione tra tradizione romana, spiritualità cristiana e influenze bizantine.
La chiesa fu costruita nell’VIII sec. ad opera di Arechi II come santuario della nazione longobarda beneventana, custodisce le reliquie dei Dodici fratelli martiri e di San Mercurio e conserva affreschi con episodi relativi all’Annuncio a Zaccaria, all’Annuncio a Maria e alla Visitazione.
Qui trovi alcuni approfondimenti:
Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli
Abbazia di Sant’Angelo in Formis a Capua
Museo Provinciale Campano di Capua